La murrina è una tecnica antichissima, che può prescindere dalla soffiatura, di cui è anteriore, e risale a prima del I millennio a. c. In epoca alessandrina e romana con questa tecnica vennero realizzati splendidi oggetti in vetro, che oggi sono esposti nei musei più prestigiosi.
Nella seconda metà del XIX secolo, nell'epoca della rinascita del vetro veneziano, il tecnico vetrario muranese Vincenzo Moretti recuperò, dopo quasi duemila anni di oblio, questa tecnica e da più di un secolo quindi essa è entrata nel patrimonio tecnico dei vetrai di Murano. Essa consiste nella fusione al calore del forno di tessere monocrome o di sezioni di canna vitrea policroma secondo un disegno previsto così da ottenere un tessuto vitreo coloratissimo. La piastra di tessuto vitreo ottenuta può essere modellata in forma di piatto o ciotola grazie ad uno stampo in argilla refrattaria. Altrimenti può essere raccolta con una canna da soffio ed addirittura assumere la forma di un vaso. Qust'ultima fase, indispensabile solo per realizzare forme chiuse, è stata introdotta dai maestri muranesi, che hanno così ampliato le possibilità di applicazione della tecnica della murrina.
La murrina può anche assumere dimensioni miniaturistiche, che ne permettono l'adozione per la confezione di monili e di oggetti di piccole dimensioni.
Il gioco delle murrine permette infinite varianti che rispondono al gusto di chi le progetta e che in vari periodi stilistici hanno portato ad effetti del tutto diversi: dal decoro naif delle prime murrine ottocentesche, alle delicate sfumature del periodo Art Nouveau, al deciso sapore etnico delle murrine ideate da Carlo Scarpa nel 1940. Oggi alcuni artigiani del vetro si sono specializzati nella murrina ma essa viene proposta anche da vetrerie la cui produzione copre una vasta gamma di tecniche vetrarie.