La prima produzione in vetro soffiato ebbe carattere essenzialmente utilitaristico, come risulta dalla documentazione dell’epoca (fonti storiche e iconografiche), e di essa ben poco ci è rimasto.
Nel Quattrocento, venuta meno la splendida produzione islamica, Venezia assume il vetro soffiato anche come mezzo di produzione artistica.
Appaiono, quindi, nella seconda metà del XV secolo i primi vetri “cristallini” sui quali i pittori su vetro (i documenti ricordano un Pietro de Zorzi Cortiner, un Filippo de Catanei della “Sirena”, un Valentino Ungaro “depentor”, un Zuane Maria Licini, un Zuane Maria Leopardo ecc.) tracciano, valendosi di smalti colorati fusibili, scene di trionfi allegorici, fiori, frutta, figure mitiche in cui confluiscono motivi tratti dalle pitture e dalle incisini.
Anche le forme dei vetri evidenziano l’ispirazione ai vasi, alle coppe, ai piatti d’oro e d’argento dell’epoca.
La paternità di questo vetro, detto “cristallino” perchè estremamente puro, viene assegnata al famoso vetraio Angelo Barovier (1405-1460), discendente da una dinastia di vetrai che continuerà anche nei secoli successivi.
Il vetro di fondo di codesti prodotti muranesi e dapprima generalmente trasparente e colorato, ma sullo scorcio del XV secolo il vetro “cristallino” viene fatto assai più sovente trasparente e incolore: è il “cristallo” per eccellenza, molto simile al cristallo di rocca.
La trasparenza di fondo non si concilia, però, con le ricche decorazioni di smalti opachi e spessi e quindi i motivi decorativi diventano sempre più leggeri, limitandosi, infine, a fasce di puntini smaltati e dorati, spesso raggruppati in rosette disposte lungo i bordi dell’oggetto o disposti a fitti semicerchi
(embrici).
Questa produzione continua anche nel primo quarto del XVI secolo, nel corso del quale si assiste al trionfo del vetro puro e trasparente su cui si opererà con nuove tecniche decorative.