Le sorti dell’arte del vetro sembrano seriamente compromesse all’inizio del XVIII secolo.
Il merito di aver compiuto il primo passo per tentare di uscire dalla crisi va attibuito al muranese Giuseppe Briati il quale, nonostante la dura opposizione dei suoi concittadini, riuscì a dare avvio ad una produzione di vetri che avessero una composizione chimica analoga a quella dei vetri boemi, al fine di stroncarne la concorrenza, senza tuttavia ridurrele proprie opere a mera imitazione.
Lo stesso dicorso non vale, invece, per quei vetri incisi non più a diamante ma a rotella che, grazie a questa nuova tecnica, mutuata anch’essa dalla Boemia e resa possibile dalla nuova qualità del cristallo muranese, echeggiavano assai spesso, pur con spiritose varianti, motivi decorativi di quel Paese, tanto da essere chiamati “cristalli all’uso di Boemia”.
La produzione di Giuseppe Briati “privilegiata” con decreto del Consiglio dei Dieci del 1737, ebbe un enorme successo.
In quest’ambito debbono essere ricordate soprattutto le “chiocche”, cioè i lamoadari a molteplici bracci di cristallo decorati da festoni, fiori e foglie.
Accanto ad essi giocano un ruolo importante i “deseri”, o trionfi da tavola, i cui soggetti, spesso, vengono desunti dall’architettura, dalla mitologia, da scene di teatro, di feste o di giochi e debbono essere ricordati, per la loro ricchezza ornamentale, anche gli specchi muranesi in cristallo colorato.
Un genere che nel Settecento acquista ampia fortuna è il “lattimo”, vetro bianco opaco imitante la porcellana.
A Murano esso trovò grande impulso ad opera soprattutto della famiglia Miotti, la cui produzione decorata a smalti è talora marcata o firmata; e dei fratelli Bertolini che nel 1739 avevano ottenuto dalla Repubblica il “privilegio”, o esclusiva, di decorarlo con oro.
In questo secolo si producono a Murano anche numerosi tipi di vetri mimetici quali il “calcedonio”, in uso fin da epoca rinascimentale, e l'”avventurina”, apparsa fin dalla metà del XVII secolo.
Non viene dimenticata neppure l’antica tecnica quattro e cinquecentesca dei vetri soffiati decorati a smalti policromi a caldo; la applicano, soprattutto nella seconda metà del secolo, Osvaldo Brussa e suo figlio Angelo, servendosi di una vasta gamma di soggetti: fiori, frutta, animali, scene sacre e profane con i quali si arriva ai primi anni dell’Ottocento.
Il vetro con applicazioni plastiche variamente colorate ha anche un ruolo importante per tutta una gamma di oggetti di uso domestico: le ampolle per olio e aceto, le lampade da tavolo dette “alla fiorentina”, le compostiere, i vassoi, i cestini ecc.
Il vetro con la sua varietà di colori viene usato anche come materia decorativa di mobili, poltrone, tavoli, cornici.
Per buona parte del Settecento lo specchio veneziano gode di grande fama: esso è inquadrato da ricche cornici rivestite di vetro decorato a smalti o con incisioni alla ruota che compaiono, spesso, anche sulla superficie specchiante. E’ in tal modo che esso assume anche un carattere decorativo nell’arredamento della casa.
Celebri vetrai del Settecento furono i successori di Giuseppe Briati (Giacomo Giandolin, Lorenzo Rossetto e Zuane Gastaldello), Vittorio Mestre, la “Compagnia di Cristalli fini ad uso di Boemia”, Antonio Motta, Vincenzo Moretti e C.